Contraddizione

E’ contraddittorio usare parole e concetti vecchi per una realtà nuova. Ora la convivenza tra adulti e tra adulti e minori che si vuole introdurre è una realtà nuova, nella quale diversi adulti, di ogni tendenza sessuale, decidono di vivere insieme e di ammettere alla loro convivenza dei minori. A questo nuovo tipo di convivenza non si adattano parole e concetti che per il significato originario e universalmente condiviso fanno inequivoco riferimento alla vecchia, superata, stereotipa convivenza, che, secondo le nuove esigenze, dovrebbe esere decostruita. Tra queste parole e concetti vanno ovviamente annoverati i termini tradizionali: matrimonio, marito, moglie, genitori, padre, madre, figlio, figlia. Dato che l’unico accettabile principio di orientamento sessuale è la libera scelta e che gli orientamenti sono innumerevoli, reintrodurre il concetto della dualità nella convivenza è contraddittorio, perché fa ovvio riferimento ai due sessi biologici, che sono stati dichiarati stereotipi da decostruire. Alla stessa realtà bisessuale biologica fanno ovvio riferimento il concetto di “matrimonio” (indicante etimologicamente il “dovere della maternità” della donna, e nel senso universalmente accettato l’unione civile e religiosa tra l’uomo e la donna), di “marito”, “moglie e di “genitori” (che ovviamente non posso essere che un uomo e una donna). Quanto ai termini “genitore” (singolare), “padre”, “madre”, non si esclude che in una convivenza di nuovo tipo un solo adulto possa legittimamente usarli, ma si tratterebbe di un riferimento alla persona singola, non applicabile all’insieme dei conviventi. Lo stesso, reciprocamente, vale per i termini “figlio”, “figlia”: l’eventuale rapporto di filiazione potrebbe legittimamente sussistere in riferimento ad una sola persona, e non al gruppo degli adulti conviventi. Lo stesso termine “famiglia”, sebbene etimologicamente indichi quanti vivono nella stessa casa, nel senso universalmente ricevuto fa riferimento all’unione tradizionale tra l’uomo e la donna e ai figli da loro generati.
Ma, lasciando da parte questo ultimo termine, non c’è dubbio che conservare i termini “matrimonio”, “marito”, “moglie”, “genitori”, “padre e madre”, “figlio”, “figlia” quali termini usuali per le nuove convivenze non potrebbe non richiamare in vita i concetti che si volevano decostruire. Il che significa, necessariamente, che le nuove convivenze sarebbero matrimoni di serie B, gli adulti conviventi sarebbero marito, moglie, genitori, padre e madre di serie B, i minori conviventi sarebbero figli e figlie di serie B.
Dunque voler allargare alle nuove convivenze i suddetti termini testimonierebbe in modo inequivocabile la persistente nostalgia, presso i nuovi conviventi stessi, della realtà che a parole si intendeva decostruire.
Se perciò si vuole evitare di fare un autogol, fornendo la prova inconfutabile che la vecchia realtà costituita dal matrimonio tradizionale resiste alla decostruzione che a parole si voleva effettuare, non si parli più di “matrimonio” di omosessuali, ovvero di omosessuali “marito”, “moglie”, “genitori’, “padre e madre” di “figli e figlie”.

di Don Massimo Lapponi

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