Nuove serate in famiglia IV

            Un tempo presentare Carlo Goldoni (1707-1793) sarebbe stato più o meno superfluo. Le sue commedie erano molto popolari ed erano eseguite di frequente sia ad alto livello professionale, sia a livello amatoriale o scolastico.

            Probabilmente anche in questo caso la situazione è molto cambiata. L’invasione di video di contenuto ultramoderno, fantascientifico, supertecnologico, con una massiccia prevalenza di costumi e di espressioni linguistiche presi a prestito dall’America, e spesso non dal suo aspetto migliore, hanno finito per lasciar cadere nel limbo delle anticaglie dimenticate anche una gloria nazionale come Carlo Goldoni.

            Se, come spesso si osserva, in Italia il teatro non ha avuto la ricchezza che si registra invece in Inghilterra, nei suoi periodi più creativi, Goldoni costituisce, in questo panorama, una clamorosa eccezione. Non soltanto per gli adulti, dunque, ma anche per i giovani e i piccoli, la riscoperta delle commedie di Carlo Goldoni costituirà certamente una gradita sorpresa. Chissà che molti di loro non esclamino: “Perché nessuno ci ha mai parlato di queste cose? Ci hanno mandato a cercare i divertimenti tra il peggior ciarpame americano, mentre avevamo molto di meglio in Italia!”.

            Non faremo ora una lunga presentazione del nostro grande commediografo. Ricordiamo soltanto che nel secolo XVIII, in cui egli visse, in Italia, come in Francia e in altre nazioni, era in atto un grande rinnovamento di costume e di pensiero, rinnovamento che da noi per lo più non assumeva quegli aspetti più estremi che avrebbero portato altrove ad esiti tragici.

            Nella commedia che presentiamo, “I rusteghi” (1760), e di cui abbiamo la fortuna di poter disporre di un’eccezionale esecuzione, realizzata a cura di Cesco Baseggio (1897-1971), si può notare, trasmesso mirabilmente dal raffinato dialetto veneziano, il tono di un’alta civiltà, che ha raggiunto grandi traguardi di umanità, pur nel contrasto tra forme antiquate di equilibri familiari e sociali e un senso di più armoniose relazioni tra mariti e mogli, genitori e figli, che ormai premono incontrastabili contro le prime, le quali finiscono per mostrare l’inconsistenza di abitudini ormai portate avanti quasi a forza di inerzia.

            Proprio il linguaggio dialettale – quel veneziano che Goldoni ha grandemente contribuito a rendere familiare a tutti gli italiani – diviene lo strumento più efficace di questa maturazione, in quanto veicolo dei sentimenti più umani e delicati dei personaggi e di tutta una civiltà.

            Senza ulteriori noiose spegazioni accademiche, passiamo dunque a gustare la nostra deliziosa commedia.