Serate in famiglia XXI

Siamo così giunti a Ludwig van Beethoven (1770-1827), che per molti è la strada maestra per accostarsi alla musica classica. Se, come abbiamo detto, abbiamo voluto evitare questa strada per non cadere in stereotipi alla moda e per non dare ad un solo musicista una eccessiva preminenza, che potrebbe offuscare tutti gli altri, ciò non vuol dire che non dobbiamo riconoscere a Beethoven il posto eccezionale che gli compete nel panorama della musica occidentale.
Se, dunque, vogliamo dargli tutta la considerazione che merita, nello stesso tempo, però, ci sembra opportuno evitare di rivolgere fin dall’inizio l’attenzione a quelle opere che godono di maggiore popolarità e che generalmente attraggono subito chi si accosta alla sua musica – come la quinta sinfonia, o il primo tempo della sonata detta “al chiaro di luna”, o l’inno alla gioia della nona sinfonia.
Infatti, come abbiamo visto, ci siamo accostati a lui per la via insolita del Coro dei prigionieri del “Fidelio”. Vorremmo ora fare una breve visita panoramica al mondo della musica beethoveniana, senza la pretesa di essere esaustivi, ma cercando di coglierne e di comprenderne, con la maggiore esattezza possibile, alcuni aspetti importanti.
Come primo passo vorremmo indugiare ancora sul “Fidelio”, che rappresenta sia la maturità della sua arte orchestrale, sia la sua ispirazione nello stesso tempo liberale, ispirata ai nuovi ideali proclamati dalla rivoluzione francese, e profondamente religiosa, ma di una religiosità posta a fondamento dell’amore e, come tale, sentita come rigeneratrice della società umana.
Come è stato accennato, il “Fidelio” ebbe una lunga genesi e all’inizio aveva come titolo il nome della protagonista “Leonora”. Beethoven rielaborò in tre distinte edizioni l’overture della Leonora, per poi abbandonarla e sostituirla con una nuova overture che aprirà l’edizione definitiva del “Fidelio”. La terza redazione dell’overture della Leonora – la cosiddetta Leonora n. 3 – viene generalmente eseguita come intermezzo tra il primo e il secondo atto del “Fidelio”. Notiamo che i ripetuti squilli di tromba che risuonano nella parte centrale della composizione sono un richiamo della scena della prigione del secondo atto dell’opera, quando il tirannico governatore don Pizzarro, avendo scoperto l’identità di Leonora, che è penetrata nella prigione per salvare il marito Florestan, si appresta ad uccidere ambedue, ma è interrotto dallo squillo delle trombe che annunziano l’arrivo del ministro di stato don Fernando, il quale, scoperti i soprusi del governatore, libererà i prigonieri e punirà il colpevole.
Ascoltiamo ora, dunque, la cosiddetta Leonora n. 3.

Fare una panoramica ampia ed esaustiva dell’opera di Beethoven e del suo posto nella storia della musica sarebbe estremamente arduo e altrettanto pesante. Abbiamo potuto apprezzare, nel brano che abbiamo ascoltato, sia la possente forza espressiva dell’orchestra, sia l’audacia innovativa rispetto ai modelli settecenteschi.
A differenza dei suoi predecessori Beethoven non compose nessuna sinfonia su commissione o per ragioni contingenti. Ognuna è frutto di una chiara volontà artistica e quindi il risultato di un lavoro compositivo spesso faticoso e protratto negli anni. Le sue sinfonie hanno proporzioni e durata superiore a quelle di Haydn e Mozart. Egli ampliò la misura dei singoli tempi per dispiegare meglio i contrasti e le opposizioni tra i vari elementi, e lo stesso fece nelle sonate. L’organico dell’orchestra è importante, perché è quello delle ultime creazioni sinfoniche di Haydn e di Mozart, e nuovo è l’impiego dei fiati, che alla sua epoca apparve rivoluzionario.
Ma Beethoven è giunto a questi traguardi attraverso un lungo percorso, nel quale sono stati distinti, in modo approssimativo, tre periodi. Nel primo il musicista è sotto l’influenza del classicismo viennese di Mozart e Haydn, nel secondo egli trova la sua strada indipendente, manifestando il suo genio innovativo e profondamente drammatico, nella terza si avventura su strade ardite, che preludono agli sviluppi della musica più moderna.
Questo percorso, come è noto, è in gran parte determinato dal dramma della sordità del musicista, che incomincia a manifestarsi prima dei trent’anni e lo conduce alla perdita totale dell’udito prima del 1820. A questo fatto, così drammatico per un musicista, si deve aggiungere il suo carattere introverso e il suo idealismo umanistico-religioso, che lo rendono profondamente sensibile alle delusioni causate dalla mediocrità umana, da quanti tradiscono i suoi ideali e dal fallimento del desiderio di realizzare l’amore ideale, da lui celebrato nel “Fidelio”.
Per seguire, se pure in modo molto sommario, il suo percorso artistico e spirituale, ascolteremo ora la felicissima trascrizione per flauto della sua celebre romanza in fa maggiore, nella quale la linea melodica appare in tutta la sua classicità, se pure animata dalla forte ispirazione del suo genio.

Ed ora ascolteremo, non il primo tempo – fin troppo inflazionato – bensì il terzo movimento della famosa sonata “al chiaro di luna” – titolo arbitrario, che non le fu dato dal compositore. Vedremo come qui la linea melodica si intreccia con elaborazioni panistiche molto ardite e di grande drammaticità.

Un’elaborazione veramente esplosiva della tecnica strumentale e orchestrale appare nell’ultimo tempo del concerto per violino e orchestra. Notiamo, in questo brano, la presenza della cadenza – liberamente improvvisata dalla violinista.

Beethoven si è cimentato con la voce umana non solo nell’opera “Fidelio” o nelle composizioni sacre – come la Messa solenne – ma anche in quei canti per voce e strumenti – spesso, ma non sempre, il pianoforte – che divennero caratteristici dei romantici tedeschi – i cosiddetti “Lieder”, di cui fu principale autore Franz Schubert (1797-1828). In questa produzione sceglieremo una composizione insolita: un canto in lingua inglese, scritto su una poesia dello scrittore scozzese Walter Scott (1771-1832), nella quale si piange il cosiddetto massacro di Glencoe, del 13 febbraio 1692, quando trentotto membri del clan del MacDonald furono uccisi proditoriamente dai loro ospiti, come rappresaglia nella guerra che oppose i sostenitori di Gugliemo III a Giacomo II d’Inghilterra.
Si può notare come qui Beethoven rivesta, senza alcuna forzatura, i panni del canto patriottico popolare.
Tramite il seguente link si può leggere il testo inglese della poesia, preceduto dalla traduzione francese:

https://www.lieder.net/lieder/get_text.html?TextId=102183

Questo è il link per ascoltare il canto:

Vorremmo infine accostare l’ultimo Beethoven, e anche quello più valutato dagli esperti – di là dai gusti più diffusi, che si soffermano soprattutto sulle sinfonie o sulle sonate – cioè l’autore dei quartetti d’archi. Si racconta che già Haydn, una volta che lingue maligne gli riferirono di presunti apprezzamenti di Beethoven poco favorevoli a suo riguardo, avrebbe risposto: “Quel presuntuoso autore di mediocri sonate, di appena accettabili sinfonie… ma i suoi quartetti!”
Dal quattrodicesimo dei suoi sedici quartetti ascolteremo ora il settimo movimento. Si noterà l’originale elaborazione melodica e strumentale, che testimonia la maturità raggiunta dall’ultimo Berthoven.

Quello che abbiamo ascoltato ovviamente è soltanto un primo assaggio di un’opera vastissima ed estremamente varia, che ha segnato una svolta fondamentale nella storia della musica occidentale.