L’attualità di una pagina del beato John Henry Newman

di Don Massimo Lapponi

Nella lettera canonica di San Giuda si legge:

«Carissimi, avevo un gran desiderio di scrivervi riguardo alla nostra salvezza, ma sono stato costretto a farlo per esortarvi a combattere per la fede, che fu trasmessa ai credenti una volta per tutte» (Gd 3).

Al contrario, il Padre Alberto Maggi recentemente ha asserito: “La dottrina della Chiesa è in evoluzione, non è qualche cosa stabilito una volta per sempre”

[vedi: https://www.youtube.com/watch?v=Y1cpcxnPRB4&feature=youtu.be%5D

Per giustificare posizioni analoghe a quella espressa da Alberto Maggi, spesso si fa riferimento all’autorità del beato Card. John Henry Newman, e in particolare al suo trattato “Lo sviluppo della dottrina cristiana” (1845), scritto in coincidenza con la sua definitiva conversione alla Chiesa Cattolica. Di questo trattato, o di altri scritti di Newman sull’argomento, si è soliti citare frasi quali: «Lo sviluppo [growth] è la sola evidenza della vita»; ovvero: «Vivere significa cambiare, ed essere perfetti significa aver cambiato spesso».

In realtà queste citazioni sembrano confermare l’idea che la dottrina della Chiesa sia «in evoluzione», cioè in uno stato di sostanziale mutabilità, soltanto perché sono avulse dal contesto. Il vero pensiero di Newman può essere bene illustrato da un parallelo che egli suggerisce, nel trattato sopra ricordato, tra lo sviluppo dottrinale della fede e il mistero dell’incarnazione, come viene espresso dall’antica liturgia della Chiesa in un’antifona del tempo di Natale. Vi si legge: «Deus homo factus est; id quod fuit, permansit, et quod non erat, assumpsit». Il trattato di Newmn presenta lo sviluppo dottrinale della Chiesa proprio in questa prospettiva: la Chiesa rimane se stessa e, senza mutare la propria dottrina, assume nuove prospettive e apre nuovi orizzonti. Al contrario, molti moderni seguaci dell’evoluzione della dottrina cristiana sembrano voler mutilare l’antico dettato liturgico, fino a sostenere una dottrina contraddittoria, espressa dalla formula monca: «Quod non erat assumpsit». Per poter assume qualcosa, prima bisogna esistere, e per esistere bisogna avere un’identità ben definita. Chi non ha un identità, assumendo altro da sé, si dissolve nel nulla.

È molto opportuno ricordare oggi, di fronte a certe prese di posizione, la pagina finale de “Lo sviluppo della dottrina cristiana” del Beato Newman. Da essa il senso del suo pensiero appare in modo inequivocabile e rigorosamente contrario alle nuove tendenze. Lo riportiamo integralmente in traduzione italiana.

Il salmista dice: «Ci ha fatto passare per il fuoco e l’acqua» (Sl 65, 12), e non è possibile immaginare tribolazioni più violente e svariate di quelle da cui il cattolicesimo è uscito illeso, come dal Mar Rosso o dalla fornace di Babilonia. Nei primi secoli vi furono le crudeli persecuzioni dell’impero pagano; seguì la sua improvvisa conversione, la libertà per il culto cristiano, lo sviluppo del culto dei santi e l’accoglimento del monachesimo nel sistema ecclesiastico. Venne poi l’invasione dei barbari e l’occupazione dell’orbis terrarum, da parte loro dal nord e da parte dei saraceni dal sud. Frattanto l’ansiosa controversia, protrattasi a lungo, sull’incarnazione incombeva come una terrebile malattia sulla fede della Chiesa. Sopraggiunse il tempo di una fitta oscurità e, in seguito, due grandi lotte con le potenze del mondo, una con il suo potere materiale, l’altra con il suo potere intellettuale, che si conclusero con la monarchia ecclesiastica e con la teologia delle scuole. E infine vennero i grandi cambiamenti derivanti dalle controversie del sedicesimo secolo. È concepibile che una qualsiasi di quelle eresie di cui abbonda la storia ecclesiastica attraversasse la centesima parte di queste traversie e ne uscisse pressoché immutata rispetto a ciò che era prima così come ha fatto il cattolicesimo? Avrebbe potuto una teologia come quella ariana perseverare nel contesto scolastico? O il montanismo avrebbe potuto tollerare di possedere il mondo senza addivenire ad una crisi e fallire? E il sistema manicheo, avrebbe potuto sfuggire alla manifestazione della sua stupidità, in quanto religione, se fosse stato condotto ad un conflitto con i barbari dell’impero o con il sistema feudale?
Un analogo contrasto si manifesta nei rispettivi effetti e svolgimenti di certi principi o usi che, come si sono introdotti nel sistema cattolico, così si sono visti all’opera anche in altre situazioni. Quando un sistema è realmente corrotto, allorché agenti potentemente efficaci vengono applicati ad esso, essi non fanno che sviluppare maggiormente la sua corruzione e condurlo più speditamente alla fine. Lo stimolano con un’energia superiore alla sua natura ed esso mette in azione la sua forza e soccombe con qualche atto memorabile. Molto diversa è stata la storia del cattolicesimo quando si è lasciato esporre a tali formidabili influenze. Esso ha sopportato, e può sopportare, principi e dottrine che in altri sistemi di religione rapidamente degenerano nel fanatismo o nell’infedeltà. Ciò si potrebbe dimostrare dettagliatamente nella storia della filosofia aristotelica dentro e fuori la Chiesa, o nella storia del monachesimo, o del misticismo. Non che non ci sia stato all’inizio un conflitto tra questi elementi potenti e ribelli e il sistema divino in cui essi si stavano introducendo, ma il conflitto finì con la vittoria del cattolicesimo. La teologia di San Tommaso, anzi della Chiesa del suo tempo, è costruita su quello stesso aristotelismo che i primi Padri denunciano come la fonte dell’errore, e in particolare delle eresie ariana e monofisita. Gli esercizi ascetici, che sono così seducenti in Sant’Antonio, così commoventi in San Basilio e così impressionanti in San Germano, divengono nient’altro che una superstizione malinconica ed uggiosa anche nelle persone più devote che sono tagliate fuori dalla comunione cattolica. E mentre la più alta pietà nella Chiesa è quella mistica e la contemplazione è stata il segno distintivo dei santi più singolarmente favoriti, non abbiamo bisogno di cercare a lungo nella storia delle moderne sette per trovare prove degli eccessi nel comportamento o degli errori nella dottrina a cui sono stati solitamente condotti i mistici che hanno vantato il possesso personale di verità riformate e hanno rigettato ciò che essi chiamavano la corruzione del cattolicesimo.
È vero: ci sono state stagioni in cui, ad opera di cause esterne ed interne, la Chiesa è stata precipitata in uno stato che era una sorta di deliquio; ma i suoi meravigliosi risvegli, mentre il mondo celebrava i propri trionfi su di lei, sono un’ulteriore prova dell’assenza di corruzione nel sistema di dottrina e di culto in cui essa si è sviluppata. Se la corruzione è un’incipiente disorganizzazione, certamente un repentino e assoluto ritorno al precedente stato di vigore, dopo un intervallo, è ancora meno concepibile di una corruzione che sia permanente. Ora questo è proprio il caso dei risvegli di cui sto parlando. Dopo uno sforzo violento gli uomini sono esausti e cadono addormentati, ma si risvegliano come prima, rinfrancati dalla cessazione temporanea dell’attività. E tale è stato il sonno, tale il ripristino della Chiesa. Essa si arresta nel suo corso e quasi sospende le sue funzioni; poi risorge ancora, ed è di nuovo la stessa di prima: tutte le cose sono al loro posto e pronte per l’azione. La dottrina è là dove essa era, e così i comportamenti, le priorità, le linee di azione sociale. Possono esservi dei cambiamenti, ma essi sono consolidamenti o adattamenti: tutto è inequivocabile e determinato, con un’identità su cui non vi è da discutere. È infatti una delle più popolari accuse contro la Chiesa Cattolica, proprio ai nostri tempi, che essa è “incorreggibile”. Essa non può cambiare, se ascoltiamo Sant’Atanasio o San Leone. Essa non cambierà mai, se crediamo al polemista o all’allarmista del nostro tempo.

Beato John Henry Newman, “Lo sviluppo della dottrina cristiana” (1845).