Serate in famiglia XX

Ci siamo soffermati un po’ sull’Italia, e in particolare sull’importante scuola musicale napoletana. Ora è opportuno volgere lo sguardo ad altre nazioni, nelle quali il melodramma fu coltivato con altrettanta passione. Come abbiamo detto, spesso per il canto anche nelle altre nazioni si usava la lingua italiana, ma ciò non avveniva sempre. Porteremo ora l’esempio di una composizione melodrammatica di un autore che abbiamo già incontrato più volte, scritta su parole inglesi. L’autore di questo brano è Georg Frederick Händel (1685-1759), il quale, nato in Germania, visse per un certo tempo in Italia e, a partire dal 1710, si stabilì in Ighilterra, dove ebbe grande successo e divenne, in qualche modo, il musicista della famiglia reale inglese.
Händel fu una personalità geniale, e anche vivace. Scrisse per il re d’Inghilterra un brano che finiva con un colpo di piatti, perché il re si addormentava sempre. Prima di ascoltare una sua composizione vocale, proniamo l’overture della Music For The Royal Fireworks.

Il brano che ora ascolteremo è tratto dall’oratorio “Israel in Egypt”. Queste sono le parole del libretto inglese – ma si notino le parole italiane “solo” e “soprano”:

35. Doubled Chorus
The Lord shall reign for ever and ever.
(Exodus xv: 18)

36. Recitative (tenor)
For the horse of Pharaoh went in with his chariots and with his horsemen into the sea, and the Lord brought again the waters of the sea upon them; but the children of Israel went on dry land in the midst of the sea.
(Exodus xv: 19)

37. Double Chorus
The Lord shall reign for ever and ever.
(Exodus xv: 18)

38. Recitative (tenor)
And Miriam the prophetess, the sister of Aaron, took a timbrel in her hand; and all the women went out after her with timbrels and with dances. And Miriam answered them:
(Exodus xv: 20, 21)

39. Solo and Double Chorus
Soprano:
Sing ye to the Lord, for He hath triumphed gloriously;
Choir:
The Lord shall reign for ever and ever.
Soprano:
The horse and his rider hath He thrown into the sea.
Choir:
The Lord shall reign for ever and ever.
For He hath triumphed gloriously.
The horse and his rider hath He thrown into the sea.

Osserviamo, nel coro finale del brano che abbiamo ascoltato il caratteristico “contrappunto” barocco. La parola “contrappunto” viene dal primo sviluppo, tardomedievale, della polifonia, quando una voce si “contrapponeva” ad un’altra voce, producendo una sorta di intreccio di melodie distinte. Un esempio caratteristico del contrappunto polifonico era la cosiddetta “fuga”, nella quale la melodia principale veniva eseguita dalla prima voce, per essere poi ripetuta, in forma rielaborata, da una seconda voce e poi, in successione, da voci ulteriori. Come vedremo, il contrappunto, che caratterizza gran parte della musica barocca, già dalla seconda metà del Settecento non è più usuale e appare piuttosto eccezionalmente, mentre si diffonde uno stile incentrato sulla melodia principale con accordi di accompagamento.

Anche in Francia il melodramma ebbe grande successo. Abbiamo visto come si creasse anche una certa rivalità tra lo stile italiano e quello nazionale – come del resto avvenne in Ighilterra, dove l’opera italiana era di moda tra la nobiltà.
Grande rilievo, nell’opera francese, ebbe Jean-Philippe Rameau (1683-1764), che fu anche un importante teorico dell’armonia e del suo ruolo fondamentale nell’arte musicale. Influenzato in parte dai modelli melodici italiani, egli proseguì la tradizione dell’opera francese, già illustrata nel secolo XVII da Jean-Baptiste Lully (1632-1687), rispetto al quale sviluppò maggiromente i recitativi. Nella sua opera-balletto “Les Indes galantes” (1735), ambientata in quattro diversi scenari esotici – l’Oceano Indiano, il Perù, la Persia e il Nord America – egli manifesta quella tendenza esotico-sincretista che, in modo diverso, troveremo anche in Mozart.
Dalla sua opera “Le triomphe de l’amour” ascolteremo ora l’aria della follia. Purtroppo non siamo in grado di fornire le parole del libretto francese. Troveremo, nella storia dell’opera, altre scene di follia – in particolare ne “I Puritani” di Vincenzo Bellini e nella “Lucia di Lammermoor” di Gaetano Donizetti: pagine memorabili. Ma questa di Rameau non è da meno!

Torniamo ora in Inghilterra, dove troveremo il successore di Händel alla corte inglese, cioè il più giovane dei figli di Johann Sebastian Bach, Johann Christian (1735-1782). Anch’egli dimorò a lungo in Italia, prima di stabilirsi, nel 1762, in Inghilterra. Johann Christian Bach è una delle moltissime “riscoperte” recenti nel numero sterminato dei musicisti che, fino ad un tempo non troppo lontano, erano rimasti sepolti nell’oblio per lasciar risplendere soltanto pochi nomi fortunati, i quali talvolta erano rimasti anch’essi a lungo ignorati. Sono le mode del mondo!
Proprio in Johann Christian Bach bisogna vedere il principale anello di congiunzione tra il contrappunto barocco e la melodia accompagnata dello stile vennese, che trionfa specialmete in Mozart.
L’aria che ora ascolteremo “Cara, la dolce fiamma” è in lingua italiana ed è tratta dall’opera “Adriano in Siria”, libretto di Pietro Metastasio musicato anche da diversi altri musicisti. Queste sono le parole:

Cara, la dolce fiamma
dell’alma mia tu sei;
e negli affetti miei
costante ognor sarò.

Serena il tuo bel core;
il lungo suo rigore
il fato già cangiò.

Anche le opere più popolari di Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791) furono scritte in italiano. Tra le sue opere tedesche, la più importante è “Die Zauberflöte”, “Il flauto magico” (1791), opera di difficile interpretazione. Il libretto – che si può leggere tramite questo link: https://www.pul.it/cattedra/upload_files/64/Flauto-Magico-libretto_IT.pdf – è ispirato a dottrine esoterico-massoniche. In quel periodo era diffuso, in certi ambienti intellettuali d’Europa, in seguito alle scoperte geografiche e al contatto con diverse civilizzazioni – come abbiamo visto già in Rameau – il desiderio di una spiritualità “sincretica”, che potesse abbracciare le più diverse culture. Questa tendenza – recepita soprattutto dalla Massoneria – non sempre intendeva opporsi all’ortodossia cristiana, cattolica o protestante, anche se a volte ciò avveniva, ma spesso intendeva soltanto integrarla con nuove prospettive. La stessa Massoneria da molti non era vista in contrapposizione con l’ortodossia religiosa. Basta a provarlo il fatto che Joseph De Maistre (1753-1821), che dagli attuali cattolici più tradizionalisti è considerato come una sorta di nume tutelare, era… massone! Egli, in realtà, aspirava a trovare, nelle dottrine esoteriche della massoneria, una conferma della teologia cattolica.
Mozart, come Händel, fu una personalità profondamente umana e geniale, certamente capace di coniugare insieme la sua fede cattolica, espressa mirabilmente nella sua Messa da Requiem, contemporanea a “Il flauto magico”, con queste ricerche ardite nei nuovi spazi del sincretismo religioso.
Lasciando, ora, da parte le difficili questioni relative all’interpretazione del libretto de “Il flauto magico”, ascolteremo ora una sorte di “trailer” di quest’opera, eseguito, in una forma molto suggestiva, dal teatrino delle marionette di Salisburgo.

Tra i musicisti tedeschi che operarono, almeno in parte, negli stessi anni di Mozart, va segnalato soprattutto Christoph Willibald Gluck (1714-1787), le cui opere si distinguono da quelle di Mozart per il loro carattere innovativo. Egli, sollecitato dai trattatisti del tempo, che richiedevano una riforma dell’opera seria italiana, cercò, nel melodramma, di semplificare e drammatizzare la trama e di raggiungere un maggiore equilibrio tra parti propriamente musicate e recitativi. La sua influenza sullo sviluppo successivo dell’opera fu grandissima. Scrisse su libretti italiani o francesi – operò a lungo a Parigi – e la sua musica si distingue per una sorta di incantevole ingenuità, che riesce ad ottenere effetti mirabili con mezzi semplicissimi.
Ascolteremo ora un brano dell’opera “Alceste”, con libretto italiano.
Questo è testo:

Il tempio di Apollo, con ara e statua del Nume. Il Sommo Sacerdote, sacerdoti e sacerdotesse intorno all’ara. Il popolo si accalca nell’interno del tempio.

SOMMO SACERDOTE
Dilegua il nero turbine
che Freme al trono intorno.

CORO
Dilegua il nero turbine
che freme al trono intorno.

SOMMO SACERDOTE
Oh faretrato, Apolline,
col chiaro tuo splendor.

CORO
Sai che ramingo ed esule
t’accolse Admeto un giorno …

SOMMO SACERDOTE
…che dall’Anfriso al margine
tu fosti il suo pastor.
Sospendete, oh ministri,
il sacrifizio e le preghiere;
al tempio la regina s’avanza:
alla dolente devota pompa
esser vorrà presente.

Entra il seguito della Regina co’ doni per il Nume, e s’alloga il Popolo co’ sacerdoti a diritta e a sinistra.

Facciamo un passo avanti nel tempo e troviamo l’unica opera scritta da Ludwig van Beethoven (1770-1827), con libretto in lingua tedesca e recitativi parlati: il “Fidelio” (in più versioni, dal 1805 al 1814. Il titolo primitivo era “Leonora, o l’amore coniugale”). L’opera, accolta con diffidenza dal pubblico per il pregiudizio che l’autore, in quanto compositore di musica strumentale, non sarebbe stato adatto alla musica operistica, ebbe invece un ruolo notevole nello sviluppo dell’opera in lingua tedesca. Fu proprio l’ascolto del “Fidelio” che fece scoprire a Richard Wagner la sua vocazione musicale e operistica.
Il dramma, tratto da un testo francese, canta l’eroico amore coniugale di Leonora, che si traveste da uomo per introdursi nella prigione dove è stato ingiustamente incarcerato il marito Florestan e, opponendosi coraggiosamente al tirannico governatore Pizarro, riesce a farlo liberare e a far punire il suo persecutore.
Ascolteremo ora il Coro dei prigionieri. Questa è la traduzione italiana del testo:

I prigionieri:
Oh qual piacere, all’aria aperta
respirare in libertà;
solo qui, solo qui è vita,
il carcere è una tomba!

Primo prigioniero:
Fiduciosi vogliamo
fidare nell’aiuto di Dio;
la speranza mi sussurra dolcemente:
saremo liberi, troveremo pace.

I prigionieri:
(ognuno fra sé)
Oh cielo, salvezza, qual gioia!
Oh libertà, tu ritorni?
(sul muro compare un ufficiale che subito si allontana)

Secondo prigioniero:
Parlate piano, frenatevi,
orecchi e sguardi ci spiano!

I prigionieri:
Parlate piano ecc.
Oh qual piacere ecc.

(prima che il coro sia completamente finito, Rocco compare sul fondo della scena e parla pressantemente con Leonora. I prigionieri s’allontanano nel giardino; Rocco e Leonora s’avvicinano al proscenio).