Costume morale e gramscismo

(pubblicato su lsblog il 13 novembre 2013)

Uno degli errori più tragici in cui è incorsa la classe politica delle nazioni occidentali dal secondo dopoguerra ad oggi è stato il fatto di considerare in maniera sempre più accentuata la morale sessuale come un fatto strettamente privato in cui l’autorità governativa non ha né il diritto né l’interesse di interferire. A poco a poco si sono smantellate, assai più che modernizzate, non solo le regole organizzative dei rapporti tra i sessi, ma anche quelle norme di coscienza che davano alla vita sessuale un riferimento all’insieme della vita personale e sociale e un conseguente sentimento di responsabilità morale.
Mentre le autorità governative hanno sempre più rinunciato ad interessarsi del problema come di propria competenza, la pressione congiunta di interessi commerciali, di diffuse tendenze all’immoralismo e di calcoli ideologici ha portato ad un permessivismo non solo di costume, ma anche legislativo.
Nelle attuali polemiche sull’omosessualità capita spesso di leggere frasi come la seguente: “Ora non si vuole neache permettere che uno faccia l’amore come gli pare!”
A fondamento di frasi come questa vi è appunto la premessa, considerata indiscutibile, che l’autorità laica, e possibilmente anche religiosa, non ha né il diritto né l’interesse di immischiarsi in una questione che non ha rilevanza per la vita sociale e politica della nazioni.
Stranamente, però, si osserva, nello stesso tempo, una sempre maggiore intolleranza e ingerenza nella vita amorosa delle famiglie e nell’educazione sessuale della gioventù e dell’infanzia, di segno opposto a quelli che erano i criteri direttivi tradizionali, e ciò suggerisce che di fatto il problema non sia affatto considerato un fatto privato, meno che mai da quelli che lo professano tale.
Recentemente – come riferisce un sito privato – una “giornalista e scrittrice”, Costanza Miriano, “ha scritto due libri sull’esperienza cristiana del matrimonio, due libri leggeri e divertenti ma tutt’altro che superficiali. Usando le parole di San Paolo, li ha intitolati “Sposati e sii sottomessa”, e “Sposala e muori per lei”. Di recente il primo dei due libri è stato pubblicato in Spagna, con il titolo tradotto letteralmente. I partiti della sinistra sono insorti, e sulla base del concetto (grottesco e assurdo) che il libro “favorirebbe la violenza contro le donne”, ne hanno chiesto il ritiro denunciandolo alla Procura».
L’autore di questa informazione commenta che certamente i responsabili della denuncia – che minaccia di finire in Parlamento – non hanno neanche letto il libro in questione. E si potrebbe aggiungere che, se si dovessero ritirare dal commercio i libri a causa del loro titolo, bisognerebbe, ad esempio, far scomparire “L’elogio della follia” di Erasmo da Rotterdam.
Ma ciò che più fa pensare è il fatto che i paladini della libertà di espressione e gli assertori della non ingerenza dell’autorità nella vita amorosa personale dimostrino tanto zelo per l’intervento pubblico nella censura della stampa e nella vita privata delle famiglie.
Una notizia molto più allarmante riguarda il documento “Standards for Sexuality Education in Europe” elaborato nel 2010 da 19 esperti – 16 donne e 3 uomini – e poi firmato dal Centro Federale per l’Educazione alla Salute, un organismo del governo tedesco, e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità sezione europea (Oms). Si tratta di alcune linee guida utili ai «politici, alle autorità educative e sanitarie e agli specialisti» del settore per impartire, secondo le direttive comunitarie, l’educazione sessuale ai minori di 53 paesi dell’area europea e zone limitrofe. A questo documento rimanda la bozza di risoluzione dell’europarlamentare Edite Estrela dal titolo “Salute e diritti sessuali e riproduttivi”, che recentemente fa è stata rimandata dal Parlamento europeo alla Commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere.
Il documento chiarisce fin dall’inizio che il compito di condurre i bambini e i ragazzi alla scoperta delle loro facoltà sessuali ricade prima di tutto sulla scuola, sugli psicologi, psicoterapeuti e sessuologi e non sui genitori che «non sono all’altezza del compito».
Dunque, a quanto sembra, la vita e l’educazione sessuale non è più considerata una questione privata in cui i governi non hanno né l’autorità né l’interesse di ingerirsi! E si può ben dire che ora uno non può più “fare l’amore come gli pare”, perché deve farlo secondo le direttive comunitarie! E quali sono queste direttive?
Intanto che l’educazione sessuale deve iniziare sin dai primissimi giorni di vita e che deve perciò essere inserita come materia obbligatoria nelle scuole primarie e secondarie. Lo schema da seguire in questa educazione viene così riassunto in un sito privato:
«Delle specifiche competenze che la guida consiglia di trasmettere ai bambini dai 0 ai 16 anni, questi sono alcuni esempi citati testualmente nel documento:
-Da 0 a 4 anni, l’OMS prescrive l’apprendimento del “godimento e piacere quando giochiamo con il nostro corpo: la masturbazione della prima infanzia”.
-Da 0 a 4 anni è l’ età ideale per “la scoperta del corpo e dei genitali”.
-A 4 anni, l’OMS afferma che i nostri figli sono in grado di “esprimere i bisogni, i desideri e i limiti, ad esempio nel gioco del dottore”.
-Da 4 a 6 anni i nostri figli hanno bisogno di sapere che la storia della cicogna come uccello-madre è un mito.
-Da 4 a 6 anni è l’età ideale, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, per “parlare di questioni sessuali”, esplorare “le relazioni omosessuali” e “consolidare l’identità di genere”.
-Tra i 6 e i 9 anni, gli esperti dell’OMS affermano che i nostri figli sono pronti a conoscere e difendere i “diritti sessuali di bambini e bambine”.
-Da 9 a 12 anni, e fino a 15, devono conoscere il problema della maternità imprevista. Lo dicono con una parafrasi: “l’impatto della maternità e della gravidanza tra gli adolescenti (cioè la crescita dei figli, la pianificazione familiare, i progetti di studio o di vita, la contraccezione , il processo decisionale e la cura nel caso di gravidanze indesiderate”. Da notare il giro che fa l’OMS per dire che prima dei 15 anni, i nostri figli sono pronti per essere clienti dell’industria dell’aborto.
-Da 9 a 15 , è bene che ricevano informazioni su dove trovare un contraccettivo e dove ottenere un aborto.
-Tra 9 e 15 anni è inoltre un’età chiave, secondo l’OMS, per insegnare che la religione cristiana rappresenta un ostacolo per il piacere e il godimento del proprio corpo: “Influenza di età, sesso, religione e cultura” nell’educazione affettiva e sessuale .
-A 15 anni è il momento di “aprirsi agli altri (dichiarare l’omosessualità , la bisessualità e altre opzioni)”
-15 anni è anche l’età per venire a conoscenza, inoltre, del “sesso commerciale (prostituzione , ma anche sesso in cambio di piccoli regali, pranzi/notti fuori o piccole somme di denaro), pornografia, dipendenza dal sesso”.»
Come si vede si è passati dall’indifferenza e dal permessivismo a un’ingerenza a tutto campo.
Moltissimi autori sostengono la “neutralità morale” della scienza. Personalmente dissento fermamente da questo giudizio e, al contrario, considero la scienza un elemento indispensabile della morale. Perciò quando essa viene meno al relativo compito, la ritengo altamente responsabile verso i suoi stessi canoni.
Ora a mio giudizio il documento costituisce una gravissima violazione di detti canoni, mentre, nello stesso tempo, non può avere alcuna pretesa di richiamarsi a principi di democrazia, per quanto questo termine possa essere ambiguo.
Anziché di democrazia, infatti, si dovrebbe qui parlare di “totalitarismo”, e in particolare del senso che questo concetto assume in Gramsci.
In uno dei sui interventi il Dottor Cavallotti osservava che a difesa contro le usurpazioni della “dea ragione” c’è sempre il “buon senso”. Ora al centro della strategia culturale di Gramsci vi era proprio il proposito di modificare il senso comune tradizionale attraverso l’egemonia culturale operata dal suo partito per mezzo di intellettuali organici. Questa modifica non aveva di mira soltanto la classe intellettuale, ma voleva coinvolgere tutte le classi sociali e tutte le età in un unico blocco. In tal modo la concezione di assoluta immanenza della realtà avrebbe dovuto sostituirsi definitivamente alla concezione tradizionale, che in un modo o nell’altro sempre faceva riferimento ad una trascendenza.
«Una delle maggiori debolezze delle filosofia immanentistiche in genere» egli scrive «consiste appunto nel non aver saputo creare una unità ideologica tra il basso e l’alto, tra i “semplici” e gli “intellettuali”. Nella storia della civiltà occidentale il fatto si è verificato su scala europea, col fallimento immediato del Rinascimento, e in parte anche della Riforma, nei confronti della Chiesa romana. Questa debolezza si manifesta nella questione scolastica, in quanto dalle filosofie immanentistiche non è stato neppur tentato di costruire una concezione che potesse sostituire la religione nell’educazione infantile, quindi il sofisma pseudo-storicistico per cui pedagogisti areligiosi (aconfessionali), e in realtà atei, concedono l’insegnamento della religione, perché la religione è l’infanzia dell’umanità che si rinnova in ogni infanzia non metaforica».
A questa debolezza delle precedenti filosofie immanentistiche potrà ovviare la sua “filosofia della prassi”, per la quale la coincidenza assoluta tra pensiero e azione dovrà estendersi a tutta la realtà sociale, a tutte le classi e a tutte le età. Ciò scalzerà dalle fondamenta ogni precedente tradizione, per quanto autorevole, fondata sulla trascendenza del pensiero sull’azione.
Non dubito minimamente che Gramsci sarebbe rimasto inorridito dal programma di educazione sessuale svolto nel documento sopra citato, ma non si può neanche negare che i suoi stessi principi gli avrebbero impedito di evitare un tale esito.
Non costituisce, infatti, detto programma proprio quella concezione totalmente immanentistica e prassistica da lui auspicata, capace di estendere la sua influenza fin nella scuola e nell’educazione e infantile e di sostituire in essa il tradizionale ruolo della religione? D’altra parte egli aveva teorizzato una filosofia della prassi totalmente sottratta alle critiche degli avversari e da esse inattingibile perché autosufficiente e posta su un piano diverso.
Ora un pensiero che sia totalmente “pratico” si sottrarrebbe ad ogni critica che lo stesso Gramsci potesse essere tentato di fare a partire dal suo personale rigore morale.
Queste considerazioni ci conducono a riconoscere la validità di quanto scriveva Augusto Del Noce già nel 1978, nel suo volume “Il suicidio della rivoluzione”, sul potere dissolutorio del pensiero di Gramsci. Non si potrebbe negare il valore profetico di quanto si legge nell’introduzione a detto volume:
«E’ in conseguenza dell’arresto della valorizzazione nichilista che il totalitarismo rivoluzionario si converte nel nichilismo al potere; nell’oppressività massima in conseguenza della distruzione di ogni unità ideale; nell’assorbimento del consenso nella coercizione.
«(…) la storia contemporanea italiana – dall’avvento del fascismo a oggi – ha un carattere paradigmatico per lo stretto parallelismo filosofico-politico che la caratterizza; può essere vista come il microcosmo in cui leggere in vitro la forma che il possibile tramonto mondiale della civiltà, come suicidio della rivoluzione, dovrebbe assumere».
E ugualmente suonano tragicamente attuali alcune delle sue riflessioni conclusive:
«Procedendo per cenni, mi limiterò qui a richiamare la tesi di Max Horkheimer sulla distinzione tra le due fasi dello sviluppo del mondo borghese. Durante la prima fase è conservata all’interno del mondo borghese stesso la famiglia, cioè un istituto non borghese, fondato sulla conservazione di valori di origine diversa da quelli specifici della borghesia. Ciò è avvenuto perché soltanto la famiglia tradizionale era atta a produrre un soggetto capace di attività responsabile e autonoma, come necessario per la corretta gestione dell’economia borghese nella sua prima fase. In questa società permangono perciò, attraverso l’educazione familiare, una serie di valori cristiani (…) Nella seconda fase del capitalismo questo tipo di soggetto diventa addirittura un ostacolo al suo esplicarsi e la sua soppressione può addirittura venire spacciata come superamento del capitalismo, mentre segna solo il passaggio alla sua fase compiuta, quella più inumana e totalitaria (…) Ora, la critica gramsciana del compromesso cristiano-borghese attinge il cristianesimo, ma non colpisce affatto la borghesia (…) La transizione gramsciana si trova così completamente assorbita nel passaggio dalla vecchia alla nuova forma di capitalismo; confluisce con ciò nel conservatorismo presente caratterizzato dalla ricerca dell’eliminazione della possibilità che la mentalità strumentalistica (…) venga rimessa in discussione».
Dalla considerazione di quanto sta accadendo e delle prospettive di pensiero che vi soggiacciono, nasce spontaneo l’invito ai responsabili della cultura e del governo dei popoli a riconsiderare il giudizio che troppo avventatamente si è imposto nella mentalità dominante sulla pretesa dimensione strettamente privata della vita amorosa e sessuale e sulla conseguente mancanza di diritto e di interesse nella sua regolamentazione da parte dell’autorità civile e religiosa.

di Don Massimo Lapponi

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